Mia madre
Ho chiesto a mia madre di darmi quello che riusciva a ricordare della sua esperienza di vita trascorsa. Effettivamente a 83 anni (oggi siamo nel 2006) ricordarsi tante cose non è così facile, specialmente per coloro che hanno partecipato ad una Guerra. Ci tento.
Mia madre è nata nel profondo Sud, a Bari nel 1923, ha frequentato la scuola sino alla 5° elementare, cambiando 3 scuole, la prima si chiamava Scuola Zucchi, la seconda era situata di fronte al negozio Santamato in Via Manzoni dove ha frequentato la 3° e la 4° classe, terminando gli studi in una scuola vicino al Redentore (chiesa di Bari).
Poi fu partecipe della scuola di ginnastica, tutte con gonna nera e camicetta bianca (era nel periodo fascista). La ginnastica si faceva allo stadio "della Vittoria", dove si facevano anche le sfilate all' arrivo del Duce Mussolini.
Nei mesi invernali frequentava un laboratorio di sartoria, non voleva fare la contadina, e ogni mattina si recava al laboratorio dove insieme ad altre 5 donne preparava camicie.
Mia madre si ricorda che nel 1944, verso la fine della guerra, mentre stava stirando, passarono 3 militari davanti a casa sua. Il giorno dopo ritorno' un militare, per una ambasciata di matrimonio, (nota: a Bari dire ambasciata di matrimonio significa che qualcuno viene al posto di un altro con una offerta di matrimonio).
Il militare veniva a nome di un suo collega, era uno degli altri due del giorno prima, figlio di contadini benestanti,
Mia madre rifiuto' questa ambasciata perche' pur essendo figlia di contadini non voleva sposare un contadino, ma un artigiano. A mia madre piaceva quel militare il quale pur di sposarla era disposto a cambiare mestiere. MA, per mia madre non era sufficiente, era sempre figlio di contadini.
E cosi' non si fece nulla.
A 19 anni mia madre conobbe mio padre. Come si usava a quei tempi, un giorno mia nonna (la madre di mio madre), ando' da mia madre con la scusa di comprare le uova. I due ragazzi si guardarono e il tutto fini' li'. Il giorno dopo ritorno' la nonna (la madre di mio padre) per portare l' ambasciata per il figlio, in pratica chiese la mano di mia madre a mio nonno (papa' di mia madre).
L' ambasciata fu accettata e cosi' i due ragazzi furono fidanzati per un anno e mezzo, tanto a quei tempi.
Il matrimonio si celebro' nella Chiesa dei Carmelitani in Via Brigata Regina. Dalla chiesa sino alla sala della cerimonia fu usata una carrozza con 4 cavalli, come si usava a quei tempi. Ci furono piu' di 200 invitati. Dato che mia madre era la prima figlia e per giunta anche femmina, furono fatte le cose in grande. La cerimonia fu celebrata nell' asilo situato di fronte all' attuale Tribunale di Bari e duro' quasi tutto il giorno sino a notte inoltrata dove come ultimo piatto fu come tradizione il panino con mortadella e provolone, con birra per tutti, anche per le donne.
Alla fine della cerimonia, dopo la mezzanotte, gli sposi e gli invitati che abitavano nella stessa zona della casa degli sposi si accodarono dietro l' orchestra che a tutto gas suono' sino alla Basilica di San Nicola, nella citta' vecchia di Bari, dove era l' alloggio degli sposi.
Mio padre all' età di circa 17 anni un giorno insieme ad altri coetanei si fece volontario nel fascismo. Nel giro di poche ore, alle 22.00 di quello stesso giorno, lo misero su un treno e fu spedito a Trieste. I suoi genitori non sapevano niente, incominciarono a preoccuparsi quando a sera non ritornò a casa. Ricorda che erano in sette, sette affamati e incoscienti. Arrivati a Trieste trovarono cibo in abbondanza e la scelta di essere stati volontari sembrava quella giusta. Rimasero a Trieste per due anni. Ricevettero il vestiario ed entrarono nel Battaglione M con le camicie nere.
Al compimento del 18 esimo compleanno ebbe la cartolina precetto e fu assegnato al 22 esimo Reggimento Artiglieria, qui gli tolsero le mostrine col fascio per sostituirle con quelle con le stellette, simbolo dell' Esercito Italiano.
 Furono trasferiti a Roma per un periodo di 6 mesi, poi via nave in Sardegna proprio allo scoppio della seconda guerra mondiale.
Rimase in Sardegna per 3 anni. In questi 3 anni non erano mai fermi in uno stesso posto per troppo tempo. Sempre in movimento. Erano conciati malissimo, pochi vestiti, poca alimentazione, molte volte andavano da un posto all' altro a piedi nudi perchè gli scarponi si erano consumati, insomma in Sardegna il suo reggimento era paragonato ad una armata brancaleone.
Alcuni suoi commilitoni cercarono di disertare e con la nave tentarano di recarsi sul continente, ma pochi ci arrivarono; tanti furono colati a picco dai sommergibili tedeschi.
In tutto il tempo trascorso in Sardegna mai avute notizie dalla famiglia, certamente non per colpa sua o della famiglia, in Sardegna erano totalmente isolati. Allo scoppio della grande battaglia di Cassino, i Tedeschi avevano necessità di nuovi soldati e così richiamarono forze presenti in Sardegna. Di queste, poche raggiunsero il campo di battaglia, furono colati a picco dalle navi anglo-americane. Mio padre non fu tra questi disgraziati.
In seguito furono presi e spediti in un campo di concentramento vicino Napoli (Bagnoli ?). Questo campo era gestito dagli Americani e dagli Inglesi.
Dopo solo un mese di matrimonio arrivarono i carabinieri a casa per informarlo che doveva recarsi in Sicilia per combattere il bandito Salvatore Giuliani. I carabinieri non avevano abbastanza forze e così chiesero aiuto all' Esercito.
Mio padre mi informa che il papà di Salvatore Giuliani un giorno portava un mezzo sacco di grano al mulino per la macina. Fu fermato dai carabinieri e a seguito di una lite fu ucciso. Salvatore Giuliani che appena ventenne (era nato nel 1922) era già capitano dell' artiglieria, per vendicare il padre operò contro le forze regolari (1945-1946) organizzando una banda brigantesca che estese l' attività nella Sicilia occidentale.
Mio padre restò in Sicilia per nove mesi.
Ritornato a Bari, continuò il suo lavoro di falegname nello "stabilimento dei Fratelli Conte" di Bari. Quì la sua esperienza maturò per tanti anni sino ad arrivare a diventare operaio specializzato anche in ebanisteria e al restauro dei mobili antichi.
Il salario di mio padre era di 2000 lire mensili, ma nonostante questo riusci' a fare dei regali a mia madre e a noi tutti, come
- la macchina per cucire pagata 72.000 lire,
- una radio Minerva anche questa 72.000 lire,
- un televisiore Geloso con 90.000 lire,
- una bici Bianchi (non doppi cerchioni) con 32.000 lire. La bicicletta veniva portata al secondo piano ogni giorno in spalla da mio padre, se la lasciava nel cortile di casa certamente non la trovava piu'. Era il suo mezzo di trasporto tra casa e lavoro. E per finire un altro acquisto
- una macchina per scrivere Olivetti per me (frequentavo gia' l' Istituto Tecnico, erano gli anni 1960/1966) per 32.000 lire.
Created: Sunday 27 April 2014 at 15.26.07 Updated: Monday 19 May 2014 at 21.58.53
|